Alla scoperta dei segreti delle piante

In Maremma con Pier Luigi Tenci.
Pier Luigi Tenci ci guida alla scoperta di alcuni segreti per il benessere e la bellezza del nostro corpo. Pur non essendo maremmano Tenci si è innamorato di questa terra fino a cogliere la vera essenza.  
"Nell'estesa e florida Maremma crescono in abbondanza molte erbe medicinali che hanno spiccate proprietà curative per gli uomini ed anche per gli animali da lavoro nei campi". Fra le tante erbe Pier Luigi ne ha selezionate quattro.  L'Appeggi, il Bosso e l'Equiseto, sono abbastanza note ai più, l'Erba Cavallona, invece, usata in veterinaria, è conosciuta solo dai vecchi contadini e pastori di un tempo che possedevano cavalli, somari ed asini da basto.
L'Appeggi o Juniperus oxycedrus L., conosciuto anche come ginepro rosso, cresce in particolare nella spiaggia di Principina a Mare. Pianta a portamento arbustivo, appartenente alla famiglia delle Cupressacee, è  molto simile al Ginepro, ma ha bacche più grandi e colorate con lievi toni violacei variegati al rosso mattone. Dal suo fusto si ricaverebbe un legno pregiato, scuro e profumato, duro da lavorare, se non ne fosse vietato il taglio, com'è appunto, fortunatamente, nel nostro territorio nazionale.  Fornisce, inoltre, un composto chimico oggi impiegato, per uso esterno, nelle affezioni locali della pelle quali ad esempio l'eczema e la psoriasi. Questo composto, estratto con particolari metodi industriali è immesso in pomate per tutti i tipi di pelle.
Nella pratica popolare si usava estrarre dagli arbusti, tramite linimento, (mistura d'alcool ed olio di sesamo), le loro parti chimiche attive, aggiungendovi anche un'altra pianticella comune in Maremma: il Bosso, Boxus sempervirens L.. Quest'ultima è una pianta sempreverde dell'altezza di circa 4 metri. Per la compostezza della linea, e il colore lucente delle foglie ovali e fitte è utilizzata come ornamento in giardini e parchi ed è anche disposta in siepi recinge aiuole. Allo stato spontaneo cresce bene sui terreni aridi e rocciosi e si trova diffusa anche in Maremma, dal mare ai pre Appennini. Con il linimento ricavato da queste due erbe, la medicina popolare, riporta esperienze che indicano l'ottenimento di un beneficio cutaneo su svariate forme eczematose.
L'Equiseto, Equisetum arvense L., comunemente denominata coda di cavallo, è perenne, a rizoma sottile serpeggiante, fusti sterili scanalati scabri e foglie in verticilli, fusti fertili precoci piccoli striati, portanti gli sporangi. È una pianta fossile vivente, infatti le sue origini risalgono a 150 milioni d'anni fa, quando v'erano i dinosauri, ma allora raggiungeva l'altezza di ben trenta metri! È diffusa in terreni umidi ricchi di silice e oggi può crescere in altezza solo sino ad un metro e mezzo o poco più. È piccola rispetto alle sue origini, ma le sue proprietà benefiche sono veramente grandi! Oggi, con i metodi industriali, si estrae il succo e tramite procedimenti di rapida disidratazione si ottiene una polvere, estratto secco nebulizzato , titolato e molto ricco dei suoi principali principi attivi. La medicina polare lo utilizzava per curare la decalcificazione ossea, così come l'apparato urinario favorendone le funzioni e apportando beneficio nei casi di infiammazioni con perdita di sangue. Si utilizzava in forma di decotto oppure polvere ottenuta dalla macinatura della pianta secca. Era utilizzata anche nella cura di irritazioni cutanee in forma di succo spremuto, applicato direttamente sulla parte infiammata, oppure tamponandole con batuffolo intriso della sua tintura. Per uso interno, oltre al ruolo remineralizzante e diuretico, era utilizzato per apportare beneficio all'apparato digerente ed arterioso nel suo insieme, migliorandone la funzionalità e conferendo, conseguentemente, alla cute lucentezza e morbidezza. Per uso esterno era anche utilizzato in combinazione con la tintura di iodio, per far essiccare le verruche seborroiche rendendole facili da estirpare, tramite uso topico, ed anche per devitalizzare ed eliminare le escrescenze carnose chiamate volgarmente porretti.
L'Erba Cavallona era utilizzata prevalentemente in veterinaria,ed era fondamentale per i contadini della Maremma. Loro dovevano curare spesso e volentieri le profonde ferite che muli somari e cavalli si procuravano durante il trasporto dei legnami caricati sul loro basto (o bastio in maremmano). A quei tempi i veterinari erano gli anziani contadini che trasferivano ai figli l'esperienza del passato e così,toccava loro di curare le bestiole ferite con i mezzi di cui disponevano in campagna. La natura offriva generosa una pianticella perenne che raggiungeva al massimo un metro d'altezza dalla quale si otteneva, tramite decotto, un liquido altamente vulnerario che riarginava entro breve tempo le copiose emorragie che scaturivano delle ferite, permettendone una rapida guarigione. Oggi non diamo molto peso a quella sapienza dei nostri antenati, perché disponiamo di medicinali anche nei piccoli casolari sparsi nella campagna maremmana, ma è certo che ancora oggi, qualche anziano stalliere utilizza questo rimedio naturale che generosamente ci offre la natura.


Pier Luigi Tenci nasce a Torino nel 1947. specialista nell'ingegneria delle energie alternative per la tutela
dell'ambiente.

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